LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 4

 

8 novembre 2015 – 32ª domenica Tempo Ordinario

Ciclo liturgico: anno B

 

Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il Regno dei cieli.

 

Marco 12,38-44  (1 Re 17,10-16  -  Sal 145  -  Eb 9,24-28)

O Dio, padre degli orfani e delle vedove, rifugio agli stranieri, giustizia agli oppressi, sostieni la speranza del povero che confida nel tuo amore, perché mai venga a mancare la libertà e il pane che tu provvedi, e tutti impariamo a donare sull’esempio di colui che ha donato se stesso, Gesù Cristo.

 

  1. In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze,
  2. avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
  3. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
  4. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte.
  5. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
  6. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
  7. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

 

Spunti per la riflessione

Quel che si è

Ultime zampate del leone Marco alla fine di questo anno liturgico.

Ultime zampate, e che zampate!, del Signore che smonta ogni atteggiamento ipocrita, che ci obbliga alla verità, che ci spinge all’autenticità.

Il tema, come abbiamo letto, è quello delicatissimo dell’elemosina. Elemento presente in ogni esperienza religiosa, non solo cristiana, va a toccare dei nervi scoperti: la gestione che facciamo dei nostri beni materiali, del denaro. E la capacità che abbiamo di metterci in gioco, di condividere le nostre risorse (non solo i denari).

Riflettere su questo tema in un momento di crisi economica drammatico, come è quello che stiamo vivendo, farlo in un paese in cui ogni giorno si accumulano scandali di persone che hanno rubato a più non posso il denaro pubblico (cioè mio) e in una Chiesa che non sempre ha saputo fare buon uso (cioè quello evangelico) dei beni materiali consegnatici dalla storia è davvero molto molto difficile.

Anche perché, lo ammetto con un po’ di sconforto, ho scoperto che è uso comune essere molto poveri e francescani… con i soldi degli altri.

Non ho mai incontrato una sola persona che mi dicesse di vivere per accumulare denaro e, lo so, morirò senza averla incontrata!

Lasciamoci scuotere, anche se fa un po’ male.

Occhio!

L’invito di Gesù è una inquietante staffilata, ci lascia interdetti: poche volte, nei vangeli, il Signore esplicita in maniera così diretta la sua preoccupazione. I discepoli possono diventare come gli scribi, questa è la preoccupazione del Maestro.

Aveva di che preoccuparsi.

Gli scribi, coloro che sanno leggere e interpretare la Scrittura sono descritti da Gesù come persone vanitose e che fanno del loro servizio una smisurata ricerca di potere. Amano indossare una divisa per farsi riconoscere, amano il rispetto timoroso dei poveri cittadini, amano essere considerati come dell’autorità, sono sempre presenti agli eventi sociali, godono della loro posizione e non perdono l’occasione per mettersi in mostra.

La loro fede è diventata occasione di prestigio e di ostentazione. Vivono di rendita sul rispetto del popolo, godono di una fama assolutamente immeritata.

Possiamo diventare come gli scribi. E subito pensiamo a chi, nella Chiesa, ha ruoli e responsabilità e si adagia, in tutta umiltà, ai privilegi spesso anacronistici della propria posizione. Ho visto preti santamente scannarsi per un titolo di “monsignore”!

Ma anche nel piccolo possiamo sognare di diventare come gli scribi: in parrocchia, in una diocesi, a volte si assiste, allibiti, alla ricerca della visibilità e dell’onore.

Dobbiamo davvero giudicare noi stessi con severità.

Ancora più “occhio”!

Gesù entra nel dettaglio, così, per fare il simpatico.

Gli scribi divorano i denari delle vedove, dice.

Se la vedovanza già rappresenta uno stato di grande dolore, di lacerazione interiore, di frantumazione di affetti, restare vedove al tempo di Gesù, era una vera e propria tragedia. Senza servizi sociali, senza appoggio dalla famiglia, spesso la vedova si vedeva costretta, per vivere, a mendicare o, peggio, a prostituirsi. La condizione della vedova, perciò, era la peggiore che si potesse immaginare: sola, senza sussistenza economica, disprezzata perché mendicante o prostituta.

Ma ricercata dagli scribi che riuscivano a ricevere donazioni od elemosine da donne rimaste sole e plagiate in nome di Dio.

La bramosia ha accecato il loro cuore, come rischia di accecare il nostro.

Attenti: Gesù non è classista, non considera la ricchezza un male ma un pericolo, perché promette ciò che non può mantenere. E, nella Bibbia, si afferma che la ricchezza è dono di Dio ma la povertà è sempre responsabilità del ricco.

Invece

Come scampare questo rischio?

Gesù propone, a sorpresa, il modello di una vedova che, umilmente, vede entrare nel tempio.

La vedova del Vangelo getta nel tesoro del Tempio qualche euro, mentre i notabili della città e i devoti si spintonano per far notare le somme considerevoli che versano nelle casse del Tempio appena ricostruito.

Gesù loda la generosità di questa donna che ha dato il suo necessario come offerta a Dio, e ignora le generose offerte pubblicate a titoli cubitali del miliardario di turno.

Ci sono momenti nella vita in cui perdiamo tutto: salute, lavoro, una persona cara (non necessariamente perché muore), voglia di vivere. Momenti faticosi, terribili, in cui abbiamo l’impressione di non sopravvivere.

Come la vedova di Elia, trasciniamo un passo dopo l’altro, tenuti in vita da qualche affetto (il figlio per la vedova) ma rassegnati a veder consumare ogni forza, ogni energia.

Quante persone in questo stato ho conosciuto nella mia vita!

La vedova del Vangelo – ingenua – mette quel poco che ha per il Tempio, per Dio. Non sa dove finiranno i soldi, forse saranno disprezzati dal sacrestano del Tempio, forse serviranno a comperare detersivo per i pavimenti… poco importa, il suo gesto è assoluto, profetico, colmo di una tenerezza infinita.

Dona quel poco che è per Dio.

L’elemosina che fa è del suo cuore, di ciò che è, perché non ha nulla.

Si mette in gioco, ci sta, non delega ad altri, nemmeno ai soldi che potrebbe forse avere.

Ecco il vero discepolo.

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

 

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame>, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue ilbaccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.

 

Esegesi biblica

        

AVVERTIMENTO DI GESU’ CONTRO I FARISEI (12, 37-40)

 

Questo avvertimento di condanna contro gli scribi è il punto culminante dell’intera sezione che è iniziata con 11,1 e che esprime il giudizio di Gesù contro il giudaismo farisaico. Può darsi che i detti qui menzionati siano stati estratti da un complesso più vasto simile a quello che si trova in Mt. 23 e in Lc. 11,37-53. Essi ottengono l’effetto di mostrare la misura della condanna di Gesù nei confronti delle autorità religiose giudaiche.

 

“Amano passeggiare in lunghe vesti”: il loro uso del “tallith” (veste) per impegni diversi da quelli religiosi o della preghiera costituiva un’ostentazione di pietà.

“Ricevere saluti nelle piazze”: essere salutati con profondi inchini cerimoniali come riconoscimento della loro posizione superiore nella comunità in quanto esperti della legge.

“I primi seggi nelle sinagoghe”: sedere di fronte al popolo sulla panca davanti all’arca contenente le pergamene bibliche.

“Divorano le case delle vedove”: alle accuse di orgoglio personale, Gesù aggiunge quelle dell’estorsione e dell’ipocrisia. Indubbiamente Gesù fece alcune accuse del genere, tuttavia la loro formulazione qui è talmente impetuosa e rigorosa da far pensare che rifletta una polemica giudaica più tardiva.

 

L’OBOLO DELLA VEDOVA (12, 41-44)

Può darsi che questa pericope originariamente sia stata un detto sull’elemosina che Mc. ha collocato qui per una libera associazione sia della vedova con il v. 40 (divorano le case delle vedove) sia del tempio, con il fatto che Gesù si trovasse a Gerusalemme. Alcuni commentatori ritengono che all’origine esso sia stato una parabola trasformata poi in un episodio del ministero di Gesù. In ogni caso, venendo dopo la condanna dei capi giudaici da parte di Gesù, si presenta come un messaggio di speranza in mezzo all’ostinato popolo d’Israele.

 

“Sedutosi di fronte al tesoro”: il tesoro del tempio significa di solito quel complesso di celle dove venivano immagazzinati gli oggetti preziosi; qui potrebbe designare il cortile delle donne lungo le cui mura erano poste 13 ceste a forma di trombe per le offerte.

“Due spiccioli”: Mc. spiega che i “due spiccioli” in valuta romana equivalgono a un “quattrino” (kodrantes = in latino “quadrans”, un quarto di un “as”), circa un sessantaquattresimo del guadagno giornaliero di un operaio.

“Ha messo tutto quanto aveva per vivere”: Gesù misura il valore della sua offerta in base al sacrificio o all’offerta di sé che essa comportava. In questo contesto, il suo pensiero preannunzia il sacrificio della sua propria vita.